Biondiccio, faccetta sorridente, tondetta e simpatica, Eike Schmidt è da oggi il nuovo direttore degli Uffizi. E l’opinione pubblica dell’Italia, terra di poeti, artisti, navigatori e autoferrotramvieri, si spacca. Da un lato chi vede un eroe giunto, nelle parole di Franceschini, a portare di nuovo in auge il museo “dopo anni di prostrazione” (parole sue). Dall’altro chi si incazza perchè, in una visione generalizzata, a differenza di tutti gli altri paesi dove si agevolano i propri concittadini nelle cariche pubbliche e di lavoro, l’Italia, ancora una volta, preferisce dare quesi posti allo “straniero”. Nel giusto mezzo il cicciottello Eike, nella sua pregnante pragmaticità tedesca, annuncia che uno degli scopi del suo lavoro è rendere il museo piu´ accessibile ai visitatori, accorciando le code per entrare. Alla faccia delle alte visioni curatoriali.
Ora, la situazione ha, a mio avviso, diversi aspetti. In favore di Herr Schmidt va detto che un suo curriculum alle sue spalle ce l’ha, e anche buono, quindi non gli si può dare del raccomandato. Certo, per quanto il Getty Museum di Los Angeles o la National Gallery of Art di Washington siano dei gran bei pezzi di museo, il suo curriculum non mi sembra neanche così assolutamente incredibile da giustificare senza discutere una direzione degli Uffizi. Questo, e non il fatto che non sia italiano. Quindi tutto sta a giudicare un domani il lavoro fatto. Perchè non dargliene la possibilità? E poi è giovane, ha 47 anni, quindi ben venga un po’ di vecchiume in meno nel mondo dei poteri accademici.
Quello che, a me personalmente, innervosisce, è vedere le reazioni, sia pro che contro, a questa notizia. Se la persona è competente deve avere la carica, indipendentemente dalla sua nazionalità. Incazzarsi solo per questo motivo è riduttivo. Quello per cui bisognerebbe indignarsi è che, in Italia, persone che di arte, sia a livello storico che curatoriale se ne intendono, ce ne sono. E che saprebbero benissimo occupare la stessa posizione del signor Schmidt, ma che soffrono di una sorta di pregiudizio generalizzato, per cui la degradazione economica e politica del Paese è ormai così vergognosa che risulta impossibile credere che ci siano anche persone che il cervello nella testa lo coltivano, quindi partono già svantaggiati.
Chi, invece, acclama il nuovo direttore, perchè tedesco e quindi di conseguenza più bravo, corretto ed intelligente, scade in una ode becera alla Germania, terra di filosofi e romantici, senza forse sapere che, ad esempio, lo studio della storia dell’arte nel triennio universitario in Germania, è abbastanza vergognoso nelle metodologie e contenuti.
Poi forse ci stanno anche dei giochi politici tra l’Italia e la Germania: oggi 14 aeroporti greci e tre musei italiani, domani, chi sa, le poste spagnole. Ma questa è politica e non è il (mio) punto. Gli italiani potrebbero ad esempio smettere di farsi autogol morali, denigrando se stessi (come inferiori ai tedeschi), o, a turno, gli altri (lo straniero). In un modo o nell’altro non va mai bene nessuna opzione. Popolo di artisti, lamentoni e criticoni. E comunque sempre di autoferrotramvieri.
L´opzione che rimane, reale, è che l’arte resta senza dubbio il bene più grande che abbiamo in Italia, quindi non importa chi o come, ma che vada tutelato.